Quando si parla del 1° maggio,
come di tutte le feste civili, il rischio che si corre è quello di scivolare
nella retorica di maniera. Perciò non c’è niente di meglio, per celebrare il
giorno della Festa dei Lavoratori e la memoria di chi è morto per rivendicare
il diritto al lavoro, che raccontare un episodio risalente a più di cent’anni
fa e che è passato alla storia come “L’eccidio di Ponte Albersano”.
Albersano è una piccola località
in comune di Berra, collocata fra l’argine destro del Po e il Canal Bianco, a
pochi chilometri da Serravalle, dove comincia il delta. Dall’alto dell’argine
si può ammirare a perdita d’occhio la distesa dei campi coltivati. Questa è
terra di bonifica, di quella Grande Bonifica Ferrarese che, iniziata in epoca estense,
è stata portata a termine con successo nella seconda metà dell’Ottocento, dopo
che la Rivoluzione Industriale aveva portato in dote l’utilizzo delle idrovore
a vapore. A realizzare quest’opera furono alcune grosse società, come la Banca
di Torino, la Lodigiana e la francese Vaudoise, che divennero anche
proprietarie dei terreni prosciugati. La sola Lodigiana ne possedeva, nel 1879,
quasi tremila ettari. Questi imponenti lavori idraulici avevano richiamato nel
basso ferrarese molta manodopera, che, una volta terminata la bonifica, andò ad
ingrossare l’esercito dei lavoratori stagionali dell’agricoltura. Inoltre,
l’applicazione dei criteri capitalistici nella conduzione delle terre da parte
delle grandi imprese “forestiere”, aveva spazzato via il vecchio sistema Patriarcale, basato su usi antichi e su
una rapporto tra padrone e colono che riproduceva, appunto, quello tra padre e
figlio.
Le condizioni di miseria che si
vivevano nelle campagne, la mancanza di lavoro o le paghe da fame quando questo
c’era, il susseguirsi di una serie di cattive annate, portarono
all’esasperazione il proletariato agricolo, che nel frattempo aveva iniziato ad
associarsi in Leghe. Si trattava, per
lo più, di leghe che si ispiravano alle nuove teorie socialiste, di quella particolare
corrente rappresentata dal sindacalismo
rivoluzionario. La prima prova sul campo di questa nuova forma di lotta si
ebbe con lo sciopero del 1897, che mobilitò diverse migliaia di lavoratori
stagionali, ma l’episodio di gran lunga più importante fu lo sciopero del 1901,
che coinvolse circa trentamila lavoratori delle campagne, quasi la metà
dell’intera popolazione contadina ferrarese. Lo sciopero era stato proclamato
contro la pretesa dei proprietari delle terre (in particolare la Banca di
Torino) che non volevano concedere un aumento del salario ai lavoratori nel
periodo della mietitura. Per tutta risposta, i dirigenti delle grandi aziende
agricole avevano reclutato un gran numero di crumiri, per lo più provenienti dal Piemonte, per portare avanti, comunque,
il lavoro e avevano chiesto ed ottenuto dal prefetto di Ferrara la protezione
della forza pubblica, nonostante il parere contrario di Giolitti. Uno dei fondi
assegnati ai crumiri piemontesi fu la tenuta di Albersano. Quando, il 27
giugno, gli scioperanti, che picchettavano le campagne, videro i piemontesi al
lavoro, cercarono di attraversare il ponte che dava sulla tenuta, forzando il
blocco dell’esercito, per convincere i crumiri ad unirsi a loro. I soldati, comandati
dal tenente De Benedetti, una specie di Bava Beccaris ferrarese, spararono
sulla folla, uccidendo sul colpo Calisto Desuò di Villanova Marchesana e Cesira
Nicchio di Berra. Altri venti lavoratori rimasero feriti. L’episodio di
Albersano ebbe notevole risonanza a livello politico nazionale, in seguito alle
proteste dei deputati socialisti, il che indusse gli agrari a concedere gli
aumenti retributivi richiesti. Di quegli anni è anche la politica riformatrice
giolittiana che va sotto il nome di Legislazione
Sociale, la quale, partendo dal riconoscimento delle intollerabili
condizioni dei lavoratori, rappresentò il primo, timido tentativo di dare
tutela normativa al lavoro.
Come si legge sulla lapide che,
oggi, sul ponte di Albersano, ricorda i due braccianti uccisi <<Qui
caddero il 27 giugno 1901 Nicchio Cesira e Desuò Calisto per il miglioramento
economico e sociale della bassa ferrarese>>. Forse, dopotutto, un po’ di
retorica ci sta bene.
Nessun commento:
Posta un commento