sabato 20 gennaio 2018

Il volo dei Seagulls

Sono un paio d'anni che frequento Brighton, da quando, ad inizio del 2016, mia moglie Teresa ci si è trasferita per lavoro e, come ogni buon italiano medio che si rispetti, la prima cosa che ho fatto, arrivando nella città dell'East Sussex, è stato visitare lo stadio della locale squadra di calcio, il Brighton and Hove Albion (B.H.A) 

Col passare del tempo ho iniziato ad interessarmi alle vicende della squadra, andando a vedere, quando possibile, anche qualche partita e questo capodanno Teresa e io l'abbiamo festeggiato proprio all'Amex Stadium, dove si giocava Brighton- Bournemouth, uno dei tanti derby del sud dell'Inghilterra che popolano la Premier League. Sì, perché quest'anno, dopo trentaquattro d'attesa, il Brighton è stato promosso nella massima serie inglese che, all'epoca dell'ultima apparizione dei Seagulls, i "Gabbiani" (il soprannome del B.H.A. e se vi farete un giro in città, con quella specie di tacchini volanti che gracchiano ad ogni ora del giorno e della notte capirete il perché...) si chiamava ancora First Division.



Un'esperienza che consiglio ad ogni appassionato è quella di andarsi a vedere una partita di calcio inglese in inverno, meglio se in quel periodo "magico" che va dal Boxing Day del 26 dicembre al terzo turno di Fa Cup a ridosso dell'Epifania. Difficile che possiate imbattervi in una giornata di sole, soprattutto se vi trovate dalle parti del canale della Manica; più probabile che dobbiate affrontare raffiche di vento che sfiorano i 100 Km/h e che vi spruzzano in faccia la pioggia sottile che cade con scoraggiante costanza, ma, dopotutto, se siete seduti sulle comode poltroncine di uno stadio inglese, uno di quei begli stadi dall'atmosfera così avvolgente, non è un problema che vi riguardi. Il problema, semmai, è per quei ventidue disgraziati che devono dannarsi l'anima ad inseguire il pallone che schizza sull'erba viscida del campo come una pallina da flipper impazzita e che per questo se le devono dare di santa ragione. Del resto sono pagati e amati per farlo e credo che, in quel preciso momento, non ci sia altra cosa al mondo che vorrebbero fare.   

E' proprio questo il clima che ci accoglie quando scendiamo alla stazione di Falmer, il sobborgo di Brighton dove si trova l'Amex. Amex è l'acronimo di American Express, la multinazionale dei servizi finanziari che è il main sponsor del club e che rappresenta la principale voce dell'economia della città: praticamente la metà della popolazione attiva di Brighton lavora per l'A.E. 

Fino al 1997 e per oltre novant'anni il B.H.A. ha giocato al Goldstone Ground, nel quartiere di Hove, lo storico stadio dei Seagulls capace di contenere oltre trentamila spettatori. Era uno di quei vecchi stadi all'inglese con le tribune in legno e anche solo guardandolo nelle vecchie foto sembra quasi che ti debbano salire alle narici e penetrare nelle orecchie il tanfo e le grida di quell'umanità incattivita, migliaia di corpi pigiati gli uni contro gli altri, che Nick Hornby descrive così bene in "Febbre a 90'". 

Oggi il Goldstone non esiste più, è stato demolito dopo che il club, a metà anni '90, ha venduto il terreno per evitare la bancarotta. La decisione fu presa dal board del B.H.A. senza consultare i tifosi, legatissimi al loro vecchio stadio, che ci rimasero piuttosto male, tanto da protestare più volte con occupazioni del campo che causarono anche alcuni punti di penalizzazione alla loro squadra, in quello che fu il periodo più basso della storia dei Seagulls, a un passo dalla retrocessione in Conference. 
Per quasi quindici anni il B.H.A. ha peregrinato tra piccoli stadi periferici, giocando per due anni, dal '97 al '99, nello stadio del Gillingham, a oltre settanta km da Brighton, e per dodici al Withdean Stadium, un piccolo campo di atletica alla periferia della città. Fino al 2011, quando terminarono i lavori per il nuovo stadio di Falmer, che con i suoi poco più di trentamila posti a sedere è una casa finalmente adeguata alle attuali ambizioni dei Seagulls (La lotta anche a livello politico dei tifosi del B.H.A. per riavere finalmente un "loro" stadio è descritta nel libro di Paul Hodson e Stephen North, "Wewant Falmer!").

La costruzione del nuovo stadio a Falmer è stata possibile grazie ai soldi dell'attuale presidente e azionista di maggioranza del B.H.A., Tony Bloom. Brightoniano puro sangue e fin da bambino tifoso dei Seagulls, la fortuna di Tony ha un'origine piuttosto bizzarra, anche se non nasconde un segreto indicibile come quella di Jay Gatsby. Bloom è un asso del poker, gioco insegnatogli in tenera età dal nonno, e negli anni dell'università (si è laureato col massimo dei voti in matematica) inizia a mettere le basi della sua ricchezza, accumulando in poco tempo, grazie alle sue vittorie, qualche milione di dollari che investe in un settore in rapida espansione, quello delle scommesse online, diventando ricchissimo. E dato che l'altra sua passione, oltre al gioco d'azzardo, è il calcio ed in particolare il B.H.A. che in quegli anni non se la passa troppo bene, all'inizio del terzo millennio decide di mettere la sua fortuna a disposizione del club, diventandone presidente nel 2009 e contribuendo in maniera decisiva all'ascesa dei Seagulls.
Lungomare di Brighton

Una storia come quella di The Lizard, l'alligatore, soprannome che si è guadagnato Bloom per la sua freddezza al tavolo verde, è forse possibile solo a Brighton, probabilmente la città più libertaria e godereccia d'Inghilterra. Sbagliava Brian Clough, che nell'autunno del 1973 dopo essersene andato dal Derby County allenò per otto mesi il B.H.A. prima dei famosi quarantaquattro giorni al Leeds, a definirla <<un ospizio per vecchi>>. Nonostante quell'aria un po' retrò da stazione balneare d'epoca vittoriana che ancora oggi conserva il suo famoso lungomare, con le sue casette colorate, Brighton è una città vivace e interessante, qualità che gli deriva anche dalla numerosa popolazione studentesca. Pur raggiungendo a fatica i cento cinquantamila abitanti, a Brighton ci sono due università, la più importante delle quali, la Sussex University, sorge proprio difronte all'Amex e non è un caso neppure che qui si trovi la più importante comunità gay d'Inghilterra che, ogni primo fine settimana d'agosto, celebra il coloratissimo Gay Pride. Vagando per le caratteristiche Lanes, poi, si possono trovare piccoli negozi che vendono la merce più disparata. Quello che, personalmente, preferisco è una bottega costantemente presidiata da un gruppo di anziani nel cui sottoscala, raccolti in varie ceste di plastica, si possono trovare i Match program di qualsiasi squadra d'Inghilterra, di qualsiasi epoca. Al modico prezzo di tre sterline puoi portarti via un match program dell'Arsenal del 1951, piuttosto che quello di una partita del Manchester United del 1968, quello di Bobby Charlton, George Best e Denis Law che vinse la Coppa dei Campioni a Wembley contro il Benfica di Eusebio.

Negozio dei match program





Ma torniamo alla nostra partita di capodanno tra Brighton e Bournemouth, invischiate entrambe nella parte bassa della classifica della Premier. Posizione scontata per i Seagulls, guidati in panchina da Chris Houghton, ex bandiera del Tottenham e della nazionale irlandese, che ad inizio stagione erano considerati la squadra più accreditata a scendere in Championship; meno per le Cherries che, dopo la salvezza dell'anno passato e una campagna acquisti parecchio dispendiosa, avevano iniziato il campionato con altre ambizioni. Non sono mai stato a vedere una partita di una delle grandi squadre d'Inghilterra, Chelsea, Arsenal o Manchester United, ma ho l'impressione che difficilmente a Stamford Bridge, piuttosto che all'Emirates o all'Old Trafford, troverei un'atmosfera come quella che trovo ogni volta che entro nel piccolo stadio di Falmer. Quelle più che squadre sono marchi commerciali, con una tifoseria apolide sparsa in ogni angolo del mondo fatta da consumatori di uno spettacolo che potrebbe essere fruito anche dal divano di casa. Qui, invece, si sente che c'è un radicamento con la città e col territorio, lo percepisci sia quando entri nella pancia dello stadio, dove prima dell'inizio della partita si radunano i tifosi del Brighton a bere birra, sia dopo il novantesimo, in fila per prendere il treno per tornare in città, quando, indipendentemente che si vinca o si perda, si intonano cori per ingannare l'attesa. Solitamente non ne mancano mai di piuttosto pesanti contro il Crystal Palace, i rivali più odiati. 

Benchè Brighton e East Croydon distino quasi un'ora di treno, è quella col Crystal Palace la rivalità più sentita dai tifosi dei Seagulls. E' il cosiddetto M23 derby, dall'autostrada che collega Brighton al sud di Londra, una rivalità che si è inasprita ancor di più dopo la semifinale playoff della Championship 2013, quando il Palace eliminò i Seagulls dalla corsa per salire in Premier League. Al termine della partita, vinta 2-0 all'Amex dai londinesi, tornando negli spogliatoi i giocatori del Palace si trovarono, come sorpresa, un grosso "stronzo" sul pavimento al centro della stanza. Non si è mai saputo con esattezza da chi provenisse quel singolare omaggio, anche se alcuni malignano che sia stato l'allora allenatore del B.H.A., Gustavo Poyet.

I giocatori del Brighton esultano dopo il gol dell'1-0 contro il Bournemouth
Contro il Bournemouth il Brighton inizia forte e dopo appena cinque minuti passa in vantaggio con un gol del francese Knockaert, l'ala sinistra, uno dei giocatori più talentuosi dei Seagulls insieme all'altro uomo di fascia, il colombiano Izquierdo, acquistato quest'anno per quindici milioni di sterline dal Bruges. Il migliore in campo per i Seagulls, però, è una vecchia conoscenza del calcio italiano, l'oriundo argentino Ezequiel Schelotto. Non ho mai amato Schelotto, giocatore che per alcuni anni ha goduto, in Italia, di una fama a mio avviso immeritata fino ad arrivare, nel 2013, all'Inter, all'epoca della gestione Mazzarri. Certo, non era un' Inter di gran livello, basti pensare che al centro della difesa giganteggiava, si fa per dire, Campagnaro; comunque Schelotto ci arrivava coi crismi del giocatore di talento, capace di saltare l'uomo sulla fascia e di creare scompiglio nelle difese avversarie. Niente di tutto questo, ovviamente, si avverò e, dopo poche presenze, l'italo argentino fu spedito in giro per l'Italia e per l'Europa e se ne persero le tracce. E', perciò, con mia grande sorpresa che me lo ritrovo in campo in questo anticipo di capodanno della Premier, a sostituire lo spagnolo Bruno Saltor, el Capitàn, l'idolo locale. E sono ancora più sorpreso nel vederlo arare con successo la fascia destra, sia in difesa che in attacco, calato alla perfezione nell'agonismo del calcio inglese, tanto da esaltare i tifosi dei Seagulls. e da essere nominato, al termine della partita, man of the match. 
Un murales dedicato a Bruno Saltor nelle Lanes

Purtroppo, nonostante un grande Schelotto, la partita finisce con un 2-2 beffardo, il Bournemouth pareggia a pochi minuti dalla fine, impedendo alla squadra di Houghton di guadagnare tre punti preziosissimi nella lotta salvezza. Troppi i gol sbagliati dai Seagulls sul 2-1, non c'è dubbio che al B.H.A. serva un bomber di razza per non lasciarsi sfuggire subito quella Premier League inseguita per trentaquattro anni.